“Ombre e luci”: la storia di Ilaria con la bulimia

testimonianze disturbi alimentari

“Ciao, sono Ilaria e ho 44 anni. Ho iniziato a soffrire di bulimia all’età di 15 anni a seguito della bocciatura in prima liceo. Nei primi anni ho alternato bulimia e anoressia per poi “fermarmi” alla bulimia. Da quasi due anni, a seguito di due eventi traumatici molto ravvicinati ai quali ho reagito abbuffandomi, ho deciso di farmi seguire da un centro specializzato in disturbi alimentari. Oggi sento che sono sulla strada giusta e che il mio traguardo è vicino. Questo mi riempie di speranza e di forza che mi permettono di non mollare, un po’ come quando sei a pochi esami dalla laurea e sei esausta e ti sembra di non avere la forza di portare a termine il tuo percorso di studi ma esce una forza che non credevi di avere e raggiungi il tuo obiettivo.”

Tramite le parole di Ilaria entriamo nella sua storia e comprendiamo insieme quali possono essere i “punti chiave” di molti Disturbi del Comportamento Alimentare.
Abbiamo chiesto ad Ilaria di offrire la sua testimonianza mostrando ombre e luci del suo percorso con un disturbo alimentare.

  • Quando e come è iniziato il tuo problema col cibo?

Il mio problema con il cibo è iniziato all’età di 15 anni a seguito della bocciatura in prima liceo. La consapevolezza che proprio questo evento sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso l’ho raggiunta circa due anni fa tramite il percorso di terapia che a tuttora sto seguendo.

  • Cosa ha mantenuto nel tempo il problema?

Il problema nel corso degli anni è peggiorato sempre di più a causa di conflitti familiari molto importanti e da traumi infantili non superati negli anni.

  • Quali emozioni provavi e quali comportamenti adottavi dopo le abbuffate?

Mi sentivo sola, non capita e non avevo nessuno al quale rivolgermi, il cibo era il mio rifugio, la mia consolazione per tutto. Dopo ogni abbuffata venivo colta da terribili sensi di colpa e di frustrazione soprattutto quando cercavo, senza successo, di controllarmi. Ho avuto anche episodi di autolesionismo negli anni.

  • Quale era il “costo” di questo disturbo?

Il “costo” è stato altissimo, mi sono chiusa in me stessa, ho vissuto per un periodo in una realtà parallela, la mia autostima era a zero, ho raccontato tantissime bugie alle amiche per evitare le uscite. Ci è andata di mezzo anche la mia convivenza perché il problema alimentare non mi faceva vivere serenamente la sessualità. Ho passato anni indossando solo e sempre la tuta e pensando di non valere nulla.

  • Nel tempo questo problema “irrisolto” è aumentato?

Purtroppo sì ed è stato proprio questo a farmi prendere la decisione, quasi due anni fa, di cercare un centro specializzato con l’intenzione di guarire e di liberarmi una volta per tutte di questo pesante fardello.

  • Riuscivi a parlarne con qualcuno? Ti aiutava?

Assolutamente no, l’argomento era un tabù con tutti, perfino con le terapiste che ho frequentato nel corso degli anni. Vedevo la bulimia come un’onta, una cosa della quale vergognarmi e da tenere nascosta.

  • Nel corso degli anni cosa ti ha aiutato significativamente?

Due cose mi hanno aiutato, anzi tre: la prima è stato il mio desiderio di guarire; la seconda è stata la testimonianza di guarigione da parte di una delle mie migliori amiche e la terza è la terapista che ho avuto la fortuna di incontrare. Aggiungo che sono stata fortunata anche con la psichiatra che mi ha seguito fino a pochi mesi fa che, oltre ad essere stata in gamba nell’approcciarsi a me nel giusto modo, mi ha consigliato di frequentare dei corsi di auto aiuto di gruppo che negli anni avevo sempre rifiutato.

  • E cosa non ti ha aiutato?

Il fatto di avere una famiglia assente e poco attenta ai miei bisogni, che non aveva il tempo e la voglia di ascoltarmi davvero.

  • Cosa consiglieresti a chi sta vivendo un’esperienza simile alla tua?

Consiglio innanzitutto di coinvolgere la propria famiglia perché il sostegno di chi ci ama disinteressatamente credo sia fondamentale per affrontare un problema più grande di noi. È un peso davvero troppo grande da portare da soli, l’amore e la vicinanza della famiglia possono aiutare a non sentirsi soli e incompresi. Non si tratta solo di andare alle visite con qualcuno ma si tratta di sapere di essere tenuti per mano nell’impervia salita che ci aspetta. Anche parlare del proprio problema è utile perché aiuta a renderlo meno “mostruoso” e l’affetto della famiglia può aiutare a trovare la forza per affrontarlo con meno paura. Io purtroppo non ho avuto questa fortuna e credo che se avessi avuto il sostegno dei miei genitori, le cose sarebbero andate diversamente. Un altro consiglio che mi sento di dare è sicuramente di confrontarsi con chi parla la tua stessa lingua ed è guarito da questa brutta malattia o la sta combattendo come te perché capisci di non essere solo al mondo e di non essere tu ad essere “strano”. Per la mia esperienza posso dire che mi è stato molto utile frequentare una terapia di gruppo, che per tanto tempo avevo rifiutato e rivolgermi ad un centro specializzato in disturbi alimentari che ha saputo trovare il modo migliore per aiutarmi.

Noi di Nutrimente Onlus crediamo molto nell’importanza della divulgazione e della sensibilizzazione, per questo diamo voce a storie come quella di Ilaria. Ci piace sottolineare che affrontare questo dolore significa “relazionarsi” anziché chiudersi nel proprio guscio, sebbene quest’ultima possa spesso sembrare a volte la soluzione più semplice. Come Ilaria ha sperimentato, muovere i primi passi in direzione del proprio benessere può significare affidarsi ai professionisti, così come alla propria famiglia. Nutrimente Onlus offre incontri ad hoc dedicati proprio ai genitori con l’obiettivo di aiutarli ad essere risorsa positiva e parte integrante del percorso di cura.  Dalla nostra esperienza, infatti, possiamo concludere che è necessario rompere il silenzio e affrontare il problema per poter iniziare a sentirsi meglio. Per citare le stesse parole di Ilaria:

Si può guarire, si può imparare a gestire e migliorare il proprio rapporto con il cibo. Come per ogni percorso di terapia, è importante non arrendersi quando il dolore ti trascina in quel buco nero dal quale credi di non poter uscire, bisogna avere la forza di reagire e la voglia grandissima di voler stare bene e di lasciarsi questo maledetto demone alle spalle.”

Paola Dordoni per Nutrimente Onlus

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